Museo Archeologico Nazionale – Nerone (da Olbia 54-59 dC)

L’articolo di oggi è stato in parte annunciato col precedente, nel quale è stata esposta un’ipotesi per la quale il Medaglione Liberty di Via Martini sarebbe una rappresentazione commemorativa della giovane Marina Bellegrandi, sepolta nel Cimitero Monumentale di Bonaria. Dunque oggi si parlerà proprio di una particolare forma di commemorazione dei personaggi storici cagliaritani e nazionali e delle personalità che hanno scritto la storia cittadina: si tratta dei busti commemorativi, anche se verranno marginalmente trattate alcune lapidi (un più specifico articolo sulle lapidi verrà pubblicato prossimamente).
Questa particolare forma di statuaria nonostante derivi da tradizioni arcaiche non ha vere e proprie radici profonde nella storia delle grandi civiltà. È pur vero che, restando in un ambito sardo-centrico, i bronzetti nuragici e i Giganti di Mont’e Prama sono raffigurazioni di eroi, ma non è dato sapere se si tratti di rappresentazioni di personaggi realmente esistiti o solamente immagini di determinati tipi di guerrieri. La civiltà egizia rappresentò i suoi grandi personaggi in forma di sculture colossali, ma ai Faraoni veniva riconosciuta una discendenza divina, per tanto le loro sculture erano sì celebrative ma non prive di una valenza religiosa che le allontanava dalla statuaria commemorativa. Un primo passo verso la rappresentazione di personaggi non divini viene fatto dalla Civiltà Greca, basti pensare su tutti alle tante raffigurazioni di Omero giunte sino a noi.

Museo Archeologico Nazionale – Traiano (da Olbia – inizi II sec dC)

Fu però in epoca romana che si ebbe un notevole sviluppo nella scultura commemorativa, seppur non del tutto distaccata dalla valenza religiosa: erano assai diffuse rappresentazioni colossali e non degli Imperatori, al cui titolo veniva però associata la discendenza dalle divinità latine, ma non mancavano rappresentazioni di personaggi illustri a fini commemorativi. Tra i grandi imperi succedutisi nel mediterraneo fu sicuramente quello romano a lasciare un’impronta più marcata nella produzione artistica isolana, pertanto nei nostri Musei Archeologici, e in particolare nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, è facile identificare busti e sculture commemorativi riconducibili sia a Imperatori – si pensi al magnifico busto di Nerone proveniente, al pari di quello di Traiano, da Olbia; a quelli di Tiberio e Claudio provenienti da Sant’Antioco e a quello di Adriano rinvenuto a Karalis/Cagliari – sia a personaggi di spicco nella vita pubblica dell’epoca giulio-claudia ma dei quali non è stata ancora trovata l’identificazione, rappresentati in due busti di forte impatto espressivo rinvenuti a Cagliari.
Lo scarto temporale prima della ripresa della statuaria commemorativa in forma di busti, dopo la caduta dell’Impero Romano, è piuttosto ampio almeno qui in Sardegna: non sono stati rinvenuti né sono noti busti raffiguranti personaggi importanti di epoca medievale sebbene, di recente, grazie ad una importante ricerca del prof. Cesare Casula sia stata identificata una rappresentazione degli ultimi giudici di Arborea nei peducci dell’abside della Chiesa di San Gavino Martire a San Gavino Monreale, ma anche in questo caso non si tratta di veri e propri busti.

A sinistra, Busto di Claudio; al centro, Nusto di Tiberio (entrambi da Sant’Antioco, I sec. d.C.); a destra busti di ignoti da Karalis (inizi I sec. d.C.)

Neppure l’epoca rinascimentale, nonostante il grande sviluppo nelle città d’arte italiane, portò in Sardegna una ripresa nella realizzazione dei busti, per i quali bisognerà attendere all’epoca barocca seppur sempre in funzione sepolcrale. Appartengono infatti alla categoria dei busti funebri quello a bassorilievo nel mausoleo di Antonio Maria Coppola (morto nel 1659 ma traslato nel monumento funebre nel 1712) presso la Cappella della dell’Addolorata nella Chiesa di Sant’Eulalia, in quello dell’avvocato Francesc’Angelo Dessì (morto nel 1674 e anch’esso traslato nel 1712 nel suo Monumento Funebre) nel presbiterio della Chiesa di San Michele (costruita con i lasciti del Dessì), opere alquanto simili e verosimilimente dello stesso autore, e il busto di Bernardo Dugoni nella cappella dell’Addolorata della Chiesa di Santa Lucia in Marina (ora custodito nel Museo del Tesoro di Sant’Eulalia). Si tratta in ogni caso di rappresentazioni destinate ad ornare monumenti funebri, mai per una commemorazione fine a sè stessa.

I busti nei Monumenti Funebri di Antonio Maria Coppola (a sinistra), di Francesc’Angelo Dessì (al centro) e di Bernardo Dugoni (a destra)

Palazzo dell’Università: busto di Carlo Emanuele III, 1772

È solo in tarda epoca barocca, nel 1772, quando il Regno di Sardegna era governato dalla dinastia sabauda già da mezzo secolo, che venne realizzato un busto commemorativo in altorilievo, ben lontano dalla retorica funebre, per commemorare Carlo Emanuele III quale benefattore dell’Università di Cagliari, e come tale collocato proprio nell’Aula Magna nel Palazzo del Rettorato. Si tratta di un’opera di squisita fattura e in ottimo stato di conservazione, della quale però non si conosce l’autore.
L’epoca neoclassica vide una notevole ripresa nella scultura dei busti commemorativi in Sardegna, soprattutto ad opera di due scultori che fecero valere la loro importanza non solo in ambito sardo ma anche nazionale: Antonio Moccia e Andrea Galassi. Sono opere del Moccia i tre busti raffiguranti Giuseppe Manno (1786-1868) ancora giovane: quello marmoreo, di pregiata fattura neoclassica, custodito nella Sala Settecentesca della Biblioteca Universitaria (sulla quale torneremo più avanti per descrivere altre due importanti opere più recenti) e i due gessi, dai quali fu ricalcato l’esemplare in marmo sopracitato, originariamente conservati nel Palazzo Siotto e ora esposti nel Museo Manno di Alghero. Uno dei due busti scolpiti in gesso venne rivestito da una colorazione verde ad imitazione del bronzo appena ossidato ed è quello che presenta la più forte somiglianza col busto della Sala Settecentesca.

Biblioteca Universitaria, Sala Settecentesca: Busto di Giuseppe Manno (Antonio Moccia, I metà XIX secolo)

Ex Palazzo di Città: Carlo Felice (Andrea Galassi)

L’altro grande protagonista della scultura neoclassica in Sardegna ed il più importante tra gli allievi del Canova, Andrea Galassi, è l’autore del ben noto monumento a Carlo Felice nell’omonimo Largo stampacino, ma fu anche autore di un notevole gruppo di busti dei quali, a Cagliari, si conservano quello a Carlo Felice, raffigurato non più come un eroe romano come nel Monumento del Largo, ma in abiti militari della sua epoca, e custodito nell’Ex Palazzo di Città (non trasferito nel Palazzo Civico, dove avrebbe dovuto comparire assieme al nucleo più antico dell’attuale collezione della Galleria dei Busti), e i due busti raffiguranti il Conte Carlo Pilo Boyl in veste di Colonnello, uno dei quali custodito nella summenzionata Galleria dei Busti del Palazzo Civico e l’altro nell’atrio della Villa Binaghi sede della Soprintendenza ai BAPSAE di Cagliari e Oristano.
È databile ad un periodo compreso tra la fine del ‘700 e la metà dell’800, dunque ancora in pieno neoclassicismo, anche un busto in rame raffigurante un vescovo (non identificato) collocato nell’aula che introduce alla Sacrestia dei Beneficiati, ma torneremo più avanti su questo piccolo ambiente  a proposito del Monumento dedicato a Monsignor Agostino Domenico De-Roma (sia nell’articolo odierno sia in un prossimo post).
All’epoca neoclassica risalgono altre due importanti opere custodite nella Galleria dei Busti del Palazzo Civico: quello dedicato all’ancora giovane Mario De Candia, firmato dallo scultore Bezzi, opera purista dalla raffinata tecnica scultorea, e il busto del Generale e Senatore Carlo Quesada, privo di firma, di notevole realizzazione.

I due busti gemelli del Conte Carlo Pilo Boyl, opera di Andrea Galassi. A sinistra quello della Villa Binaghi, a destra quello del Palazzo Civico

Palazzo Civico: a sinistra il busto del giovane Mario De Candia (firmato dal Bezzi), a destra il busto del Generale Carlo Quesada (di autore ignoto)

Agli inizi dell’800 venne istituito il Gabinetto di Archeologia e Storia Naturale, nucleo di quello che diverrà l’importante Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, originariamente ospitato nel Palazzo Viceregio e successivamente trasferito, nel 1850, nel Palazzo dell’Università. Ad ogni ampliamento della collezione corrispose la realizzazione di un busto dedicato alle tre personalità che si distinsero in campo archeologico e speleologico: con l’ampliamento del 1858 si provvide a dedicare ad Alberto Ferrero De Lamarmora, ancora in vita, un busto di pregiata fattura neoclassica e grande raffinatezza esecutiva; in ringraziamento per il contributo nella ricerca archeologica e per le sue donazioni venne commemorato con uno splendido busto  (scolpito da Giuseppe Sartorio nel 1890) il Canonico Giovanni Spano, padre dell’Archeologia in Sardegna; nel 1933 venne realizzato il busto a commemorazione dell’archeologo professor Antonio Taramelli. I tre busti, che si trovavano in stanze separate nella vecchia sede del Museo Archeologico di Piazza Indipendenza, si trovano oggi riuniti in uno spazio a loro riservato nella nuova sede del Museo Archeologico Nazionale nella Cittadella dei Musei.

Museo Archeologico Nazionale: busti di Alberto Ferrero De Lamarmora (a sx), del Canonico Giovanni Spano (centro) e di Antonio Taramelli (a dx)

Monumento ai Martiri delle Guerre d’Indipendenza – Busto di Vittorio Emanuele II (Sartorio, 1886)

L’epoca neoclassica si concluse definitivamente con la nascita, nella seconda metà del XIX secolo, di nuove correnti architettonico/artistiche diffuse in tutte le grandi nazioni europee che presero il nome dai regnanti in carica: si pensi allo stile Vittoriano in Inghilterra, allo stile Guglielmino della Germania, allo Stile Secondo Impero o Napoleone III in Francia. Qui in Italia, in conseguenza dell’Unità seguita ai moti risorgimentali e all’ascesa al trono di Umberto I, nacque lo stile Umbertino. È in questo breve periodo, durato poco più di un ventennio, che in tutte le città nacquero monumenti tesi ad esaltare le più importanti figure che si distinsero nel corso del Risorgimento. Cagliari non fece eccezione, seppur in tono minore e con la realizzazione di pochi monumenti. Il primo fra tutti è il Monumento ai Martiri delle Guerre d’Indipendenza in Piazza Martiri, commissionato al piemontese Giuseppe Sartorio nel 1886, dove campeggia un busto in bassorilievo dedicato proprio a Vittorio Emanuele II. Nel 1896 al Sartorio venne poi commissionato un imponente busto di Umberto I, stavolta a tutto tondo, da esporre nel Salone Consiliare del Palazzo Viceregio. Un altro busto dedicato a Umberto I si trova ancora nella vecchia sede del governo cittadino, ovvero l’ex Palazzo di Città in Piazza Palazzo. Furono proprio gli edifici istituzionali ad arricchirsi di opere che celebravano i grandi protagonisti del Risorgimento, anche quando la scelta stilistica non ricadde sui busti ma sulle lapidi. Giuseppe Garibaldi, ad esempio, non venne da subito ricordato attraverso monumenti e busti, ma a lui sono dedicate tre lapidi: una del 1882 nell’Ex Palazzo di Città, disposta simmetricamente alla lapide gemella dedicata a Giuseppe Mazzini, del 1872, una nel Viale degli Eroi del Cimitero di Bonaria, realizzata su commissione degli Studenti della Regia Università di Cagliari nel 1882 e una terza lapide sempre nell’ex Palazzo di Città in onore del centenario della sua nascita, del 1907.

Busti di Umberto I: a sinistra nel Palazzo Viceregio (Sartorio, 1896) e a destra nell’Ex Palazzo di Città (non firmato e non datato)

Bisognerà attendere la fine dell’800, e dunque l’approssimarsi della conclusione dell’epoca umbertina, perché nuove commissioni – soprattutto private – conducano alla realizzazione di busti dedicati non solo a Garibaldi ma anche agli altri protagonisti del Risorgimento. È il caso dei due Palazzi Picchi del Viale Trieste, sugli attici dei quali si possono osservare i busti di Garibaldi, di Vittorio Emanuele II, di Camillo Benso di Cavour, di Giuseppe Mazzini oltre a grandi personaggi della letteratura come Dante Alighieri e Alessandro Manzoni, più un personaggio in abito clericale che tuttora non è stato identificato con certezza. Un altro busto dedicato a Giuseppe Garibaldi, un gesso preparatorio per una scultura che doveva essere ospitata nei Giardini Pubblici, venne commissionato ad Enrico Geruggi agli inizi del ‘900 ed è ospitata nella Sala Conferenze della Palazzina della Società degli Operai di Mutuo Soccorso in via XX Settembre. Specularmente al busto di Garibaldi è collocato il busto del fondatore della Società degli Operai, Stefano Rocca. Si tratta di un busto della fine dell’800 realizzato in gesso come modello per il busto marmoreo collocato su una colonna al centro del recinto della Società degli Operai nel Cimitero Monumentale di Bonaria. All’interno della palazzina della Società degli Operai sono poi presenti diverse lapidi commemorative, tra cui una recente dedicata a Mazzini, sulle quali spicca nello scalone la lapide dedicata a Luigi Merello, opera di Giuseppe Sartorio del 1918 realizzata tramite incisione su marmo (caso unico in tutta la produzione del Sartorio).

Palazzo Picchi-Paglietti: busti di Vittorio Emanuele II, di Camillo Benso di Cavour, di Giuseppe Mazzini e di Giuseppe Garibaldi

Palazzo Picchi-Basso: busti di Alessandro Manzoni, di Dante Alighieri e di un personaggio tuttora non identificato

Società degli Operai di Mutuo Soccorso: busti di Giuseppe Garibaldi (firmato dal Geruggi) e di Stefano Rocca (non firmato)

Busto di Verdi in Piazza Matteotti, del 1901

Gli anni a cavallo tra ‘800 e ‘900 furono caratterizzati da notevoli cambiamenti anche nell’assetto organizzativo/urbanistico della Città, a partire dallo spostamento della sede del governo cittadino dall’Ex Palazzo di Città in Castello nel nascente Palazzo Civico di Via Roma. Proprio davanti al Palazzo Civico, nella Piazza Matteotti, vennero installati due importanti busti dedicati a Giuseppe Verdi e a Giovanni Bovio realizzati entrambi da Pippo Boero. Il Busto di Verdi è un’opera in bronzo posata su un piedistallo in pietra di Serrenti. Vi è rappresentato il grande Maestro col cappello, mentre una lira e un ramo d’alloro sono posati alla base del busto. Una curiosità relativa al busto di Verdi è la data: il busto fu commissionato nel 1901 ma in seguito a una scheggiatura riportata durante i bombardamenti del 1943, nel riparare il danno nel dopoguerra la data venne erroneamente indicata come 1911. Quattro anni dopo l’erezione del busto di Verdi, a Pippo Boero venne commissionato il busto di Giovanni Bovio. Si trattava di un’opera in marmo bianco, posizionata alle spalle del busto di Verdi e rivolta verso la Stazione Centrale. Del busto di Giovanni Bovio oggi rimangono poche fotografie poiché venne dapprima vandalizzato per poi essere distrutto definitivamente nel 1925 ad opera di un fanatico. Un busto in gesso dedicato a Giovanni Bovio, probabilmente il modello della scultura in marmo andata distrutta, è conservato nel Palazzo Sanjust di Piazza Indipendenza. La realizzazione dei busti di Verdi e Bovio fu il punto di partenza per la commissione di altre due importanti opere, i busti di Dante Alighieri e quello di Giordano Bruno, entrambi realizzati dal Cavalier Antonio Bozzano da Pietrasanta.

La Piazza Matteotti con il Busto di Giovanni Bovio in due foto d’epoca

Il busto di Dante Alighieri è la terza commemorazione del Sommo Poeta nel centro cittadino (e non sarà nemmeno l’ultima, come vedremo in seguito) dopo quella del Palazzo Picchi e dopo il medaglione in bassorilievo in una delle sale dell’ex Palazzo di Città.  L’opera, realizzata nel 1912 in marmo di Pietrasanta, è particolarmente efficace dal punto di vista espressivo, ed era collocata originariamente accanto all’ingresso della prima sede del Liceo Classico Dettori (al quale si deve la committenza), in precedenza Convento di Santa Teresa in Marina e ora ex sede anche del Liceo Artistico, proprio in Piazzetta Dettori. Originariamente il busto era montato su un basamento in marmo bianco decorato con festoni rialzato dal terreno grazie a due gradoni in pietra di Serrenti e circondato da una ricca ringhiera in stile Liberty. In seguito ai bombardamenti del ’43, che distrussero il basamento e fecero cadere a terra la scultura, il busto di Dante venne preso in custodia dall’Associazione Amici del Libro e conservato nei saloni seminterrati del Palazzo Civico, per poi venire trasferito nella nuova sede dell’Associazione e infine restituito nell’ottobre 2017 al Liceo Dettori dove ora è montato su un nuovo piedistallo, più semplice dell’originale ma sempre adatto a valorizzare l’opera scultorea e l’importanza del personaggio rappresentato.

Il Busto di Dante Alighieri in due foto d’epoca della Piazzetta Dettori e in una foto del giorno della restituzione al Liceo Dettori

Il Busto di Giordano Bruno a Pietrasanta (LU)

Il busto di Giordano Bruno venne invece realizzato un anno dopo quello di Dante, nel 1913, sullo stesso modello in gesso che il Cavalier Bozzano utilizzò per il Monumento a Giordano Bruno nella sua nativa Pietrasanta, anche se con una scelta differente nei materiali: marmo bianco per il busto toscano, bronzo per il busto cagliaritano. Il Busto di Giordano Bruno venne collocato nella Via Mazzini, al centro dell’aiuola rotonda tuttora esistente poco distante dalla cinquecentesca Porta dei Leoni. Non rimase comunque a lungo nella sua collocazione originaria perché già nel 1926, quando il regime fascista cominciò le trattative per i Patti Lateranensi del 1929, venne rimosso dalla Via Mazzini essendo considerato offensivo sia per la Chiesa che per il regime stesso. Il busto venne così trasportato in una delle quattro nicchie dell’atrio del Rettorato, che oggi ospitano quattro allegorie delle quattro Facoltà in cui era originariamente diviso l’Ateneo cagliaritano. Ma il busto di Giordano Bruno non ebbe pace neppure nella nuova collocazione e venne spostato in uno dei locali seminterrati del Rettorato per poi trovare una definitiva collocazione al primo piano della nuova sede della Facoltà di Lettere (ora Facoltà di Studi Umanistici) quando venne realizzato l’edificio di “Sa Duchessa”, nei primi anni ’60. Qui il busto è tenuto in gran considerazione dagli studenti, ed è diventata tradizione posare accanto a Giordano Bruno il giorno della Laurea, ma anche stavolta non sono mancate azioni vandaliche a suo danno: nel 2013, infatti, una studentessa che non aveva superato un esame, in un momento di rabbia si scagliò sul busto rovesciandolo a terra, senza provocare gravi danni a parte qualche lievissimo graffio quasi impercettibile.

Il busto di Giordano Bruno in una foto d’epoca della Via Mazzini e nella sua sede attuale nella Facoltà di Studi Umanistici

Il busto di Gaetano Cima, opera del Pandiani

Gli ultimi anni dell’epoca Umbertina videro l’affermarsi di due grandi scultori ai quali solitamente viene riconosciuta una rivalità aneddotica ma che non ha effettivi riscontri nei fatti: Giuseppe Sartorio e Cosimo Fadda. È a loro che sul finire dell’800 vennero commissionati i busti commemorativi dei Benefattori di due importanti istituzioni cagliaritane: l’Ospedale Civile e la Casa di Riposo Vittorio Emanuele II (ora Centro di Solidarietà Giovanni Paolo II).
Nel 1889 l’Ospedale Civile, volendo commemorare il grande architetto progettista della struttura ospedaliera, Gaetano Cima, affidò al Sartorio la realizzazione di un monumento che originariamente venne collocato nel giardino centrale dell’Ospedale Civile e che in seguito venne spostato di pochi metri, all’interno dell’atrio dove si trova tuttora. Il monumento è costituito da un basamento di marmo grigio sul quale è seduto un piccolo genio scolpito in marmo bianco e su cui si innalza un’alta stele in cima alla quale si trova il colossale busto del Cima raffigurato in età matura ma non ancora anziano. Il busto però, a differenza del resto del monumento, non è opera di Giuseppe Sartorio ma è un’opera precedente, scolpita da Giovanni Pandiani a Milano nel 1875. Dunque il Sartorio si limitò a costruire il basamento (di per sé opera di notevole qualità scultorea), ma non è dato sapere se fu per completare un lavoro lasciato incompiuto dalla scomparsa del Pandiani oppure per dare una collocazione più scenografica al grande busto che poteva anche essere ospitato in un’altra ala dell’Ospedale. Il monumento formato dalle opere del Pandiani e del Sartorio convive con altri otto busti, quattro dei quali sono opere del 1893 di Cosimo Fadda: il busto di Don Filippo Altea-Sotgiu, il busto di Monsignor Antioco Murgia, il busto di Pietro Mancini e quello di Monsignor Agostino Domenico De-Roma. I quattro busti sono montati su grandi mensole sostenute da volute di matrice ancora neoclassica collocate su quattro delle sei paraste che sostengono la volta emiciclica dell’atrio. Si tratta di opere di qualità elevata e grande espressività, in particolare quella raffigurante Monsignor De-Roma, il cui sguardo malinconico era già stato raffigurato in un altro busto a bassorilievo (non firmato) inserito nel monumento commemorativo (non funebre in quanto Monsignor De-Roma è sepolto insieme ai Canonici nelle Tombe dei sotterranei della Cattedrale) custodito nella summenzionata aula che dà l’accesso alla Sacrestia dei Beneficiati, proprio accanto al busto in rame del vescovo ignoto di cui si è parlato in precedenza. Le altre due paraste dell’atrio dell’Ospedale Civile ospitano due busti più recenti: quello del Canonico Gioacchino Manurrita (realizzato dopo il 1907 da Giuseppe Sartorio) e un busto del 1937, non firmato, dedicato al Cavaliere Sacerdote Don Francesco Parolisi.

I busti dell’atrio dell’Ospedale: Filippo Altea Sotgiu, Mons. Murgia, Mons. De-Roma, Pietro Mancini, Gioacchino Manurrita e Francesco Parolisi

Gli altri due busti che ornano l’atrio dell’Ospedale Civile sono opere degli anni ’60 realizzate da Franco d’Aspro, dedicate ad Angelo Garau e ad Alfonso Ligas, primari di Chirurgia degli Ospedali Riuniti di Cagliari. Ma la collezione di busti e monumenti dell’Ospedale Civile non si limita al solo atrio: nel corridoio semicircolare che avvolge il giardino centrale sono custoditi due grandi monumenti marmorei realizzati dal Sartorio nel 1889 (dunque coevi del basamento del Monumento a Gaetano Cima): si tratta del monumento al Deputato Carlo Marengo, raffigurato nel gesto di porgere una lettera con la mano destra mentre con la sinistra sostiene un ricco soprabito ornato di pelliccia e la coppia di guanti che completano l’elegante abbigliamento del Deputato; l’altro grande monumento è dedicato all’Avvocato Francesco Angelo Dessì (benefattore dell’Ospedale di “Sant’Antonio de Sa Costa”, sostituito nelle funzioni dall’Ospedale Civile) del quale si è parlato a proposito del suo monumento funebre nel Presbiterio della Chiesa di San Michele, raffigurato in eleganti abiti seicenteschi e recante una penna d’oca nella mano destra con la quale doveva aver appena firmato il documento che tiene stretto nella mano sinistra. Tra le due alte nicchie in cui sono posizionati i grandi monumenti del Marengo e del Dessì, si trovano altri due busti dedicati ai fratelli Rapallino. Il busto di Camillo Rapallino è un’opera del Sartorio realizzata tra il 1910 e il 1915 ed è collocato su una mensola in marmo giallo alla quale fa da sfondo una lastra di marmo grigio lavorata in modo semplice. La stessa struttura formata da mensola e lastra sorregge il monumento a Giacomo Rapallino, opera firmata da Eugenio Serra nel 1915. I due grandi scaloni che conducono al primo piano dell’Ospedale ospitano poi altri due imponenti busti, dei quali però non si conosce l’autore: il primo è dedicato allo Scolopio Pasquale Cima, l’altro a Luigi Bozzo. Entrambi, per l’abbigliamento, sono collocabili in un arco di tempo a cavallo tra i due secoli. Completa la collezione di busti dell’Ospedale Civile lo splendido ritratto di Margherita Montelatici, realizzato nel 1939, di grande naturalezza espressiva e con una grande attenzione al dettaglio, specialmente nella ricca decorazione dell’abito finemente ricamato. Non si conosce, purtroppo, l’autore di questo bellissimo busto custodito nella sala del guardiano affacciata sull’atrio dell’Ospedale.

I busti di Camillo e Giacomo Rapallino e quello di Margherita Montelatici

I busti di Pasquale Cima e Luigi Bozzo e i monumenti di Francesc’Angelo Dessì e Carlo Marengo

L’altro grande ente che volle commemorare i suoi benefattori fu la Casa di Riposo Vittorio Emanuele II in viale Sant’Ignazio da Laconi. I busti qui conservati furono tutti commissionati a Giuseppe Sartorio a partire dal 1886 fino al 1914. I busti, come nell’Ospedale Civile, sono montati su mensole che stavolta non sono sostenute da volute ma da elementi prismatici sui quali è incisa l’epigrafe dedicatoria. Le uniche opere non realizzate dal Sartorio furono le lapidi dei benefattori – più recenti nella datazione – e un busto di un personaggio non identificato rappresentato in abiti settecenteschi che si differenzia dagli altri anche per la diversa realizzazione del piedistallo: un elegante elemento a base cilindrica rastremato realizzato in marmo rosso che ben contrasta con i piedistalli a base ottagonale in marmo bianco delle opere realizzate dal Sartorio. Tra gli otto busti dello scultore piemontese, sono due a destare particolare attenzione per essere due nuove rappresentazioni di personaggi illustri già effigiati dal Sartorio in altri ambiti. Prima di procedere alla loro descrizione è bene spendere qualche parola per elencare gli altri sei busti: il primo, firmato ma non datato, è dedicato all’imprenditore Alberto Manunza, rappresentato con aria seria e compita; segue il busto – anch’esso non datato – dell’Amministratore del Ricovero Sophus Simmelkjoer, di nazionalità danese, raffigurato con grande dovizia di particolari e attenzione al dettaglio, specialmente nella scultura a microrilievo degli occhiali; a seguire, il busto del Cavaliere Industriale Nicolò Pugliese, privo di datazione; quello dell’Avvocato Felice Sanna Manunta, datato 1914 e quello dell’Avvocato Giuseppe Cappai-Rossi del 1912. Segue il monumento per il Cavalier Federico Birocchi, rappresentato in un busto a bassorilievo inserito in una lastra commemorativa realizzata unendo diverse tecniche: incisione su marmo, microrilievo, pittura con smalto e doratura. E ora uno dei due busti di cui si è accennato poco fa: rappresenta Carlo Marengo, già ritratto nel grande monumento a lui dedicato nel corridoio emiciclico dell’Ospedale Civile. La scultura è di notevole fattura, con un’ottima resa dei dettagli, in particolare per la barba, e una forte espressività degna di un personaggio di grande rilievo quale il Deputato.

I busti di Felice Sanna-Manunta, Giuseppe Cappai-Rossi, Nicolò Pugliese e Sophus Simmelkjoer

I busti di Carlo Marengo, di Alberto Manunza, di un personaggio ignoto e il medaglione col busto di Filippo Birocchi

Ma il busto più interessante di tutti è quello dedicato a Camille Victor Fevrier, qui commemorato con i nomi in italiano (e dunque Camillo Vittorio Fevrier). Il busto è stato realizzato usando lo stesso modello – presumibilmente in gesso – dal quale venne realizzato negli stessi anni il busto destinato al monumento funebre del Fevrier nel Cimitero di Bonaria. Nel monumento del Camposanto il busto è incorniciato dal pesante drappo scolpito che giunge fino a terra e che destò particolare scalpore per il fatto che a scostarlo è un piccolo e paffuto angelo, e la ragione di tanto stupore va rintracciata nel fatto che, per l’epoca, era impensabile che una creatura celeste scendesse fino in terra per scoprire il busto di un personaggio dedito al commercio. Al di là della storia del monumento funebre del Fevrier, ed escludendolo dal resto dell’opera scultorea, il busto del Camposanto di Bonaria è identico in ogni particolare a quello conservato nell’ex Casa di Riposo Vittorio Emanuele II, la differenza sta nel fatto che essendo quest’ultimo custodito in un luogo coperto, al riparo dunque dall’inquinamento e dagli agenti atmosferici, i dettagli si sono conservati intatti e più vividi rispetto a quanto succede nel busto del Camposanto. All’interno dell’Ex Casa di Riposo sono inoltre presenti diverse lapidi a commemorazione dei Benefattori, alcune di grandi dimensioni, altre quattro più piccole e realizzate con decorazioni incise e stuccate in nero.

I busti gemelli di Camille Victor Fevrier nell’ex Casa di Riposo Vittorio Emanuele II e nel Cimitero Monumentale di Bonaria

Busto del Can. Antonio Ignazio Argiolas

Di poco successivo alla maggior parte dei busti dell’Ex Casa di Riposo Vittorio Emanuele II è un altro busto commemorativo realizzato dal Sartorio, nel 1898: il busto di Monsignor Paolo Maria Serci nella cappella di Nostra Signora della Mercede nella Cattedrale. Si tratta di un’opera notevole per la ricchezza dei dettagli e la resa dell’espressione dell’Arcivescovo oltre che per la bellezza dei due Angeli che gli stanno ai lati e che sorreggono i simboli vescovili: il Pastorale e la Mitria .
Fu un terzo ente benefico, l’ex Istituto dei Sordi (ora sede della Facoltà di Economia) a commissionare al Sartorio un altro busto per commemorare il loro storico direttore, il Commendatore e Teologo Antonio Ignazio Argiolas che diresse l’Istituto per ben trentadue anni, dal 1882 al 1914, come riportato nella lapide sotto il busto. Anche in questo caso la qualità dell’esecuzione scultorea è di altissimo livello, non solo per l’espressività che valorizza la serenità del volto dell’Argiolas, ma anche per la cura dei dettagli persino nella ricca voluta che sostiene la mensola sulla quale è posato il busto.

Palazzo Civico, Busto di Mario De Candia

Il 1900 segna la fine dell’epoca Umbertina, non solo storicamente ma anche artisticamente: è il momento in cui lo stile Umbertino cede il posto allo stile Liberty, così come avvenne anche nel resto d’Europa quando il movimento Arts & Crafts prese piede in Inghilterra in risposta allo stile Vittoriano, l’Art-Nouveau sostituì in Francia lo stile Secondo Impero, lo Jugendstil soppiantò lo stile guglielmino e il Secessionismo Viennese si impose come canone di riferimento per tutti i movimenti artistici europei. Questo cambiamento epocale nelle correnti artistiche coincise a Cagliari con lo spostamento delle sedi del potere cittadino dall’aristocratico quartiere di Castello alla parte bassa del quartiere Stampace che proprio in quegli anni stava venendo completamente trasformata con la costruzione di imponenti edifici di stile eclettico e liberty ad opera di una borghesia ricca, colta e raffinata nei gusti. Il punto di svolta si ebbe con l’inaugurazione del nuovo Palazzo Civico, realizzato con il prospetto principale rivolto al Porto nella Via Roma. Non furono soltanto gli uffici amministrativi a venire trasferiti qui dall’Ex Palazzo di Città, ma insieme ad essi venne trasferita anche la collezione di busti commemorativi, destinata in seguito a venire ulteriormente arricchita.

Palazzo Civico, Busto di Bacaredda

Gli unici due busti che rimasero nella sede dell’Ex Palazzo di Città furono quello di Umberto I e quello di Carlo Felice. Oltre ai già citati busti dedicati al Generale Senatore Quesada, a quello del Conte Pilo Boyl e a quello del giovane Mario De Candia vennero portati nel nuovo Palazzo Civico quello raffigurante Mario De Candia in età matura, realizzato in bronzo dallo scultore Ganadia, posato su un piedistallo di marmo rosso e recante la semplice intestazione “Mario” (come era ben noto in tutto il mondo il nostro illustre concittadino) e un busto dedicato ad un personaggio non identificato realizzato da Cosimo Fadda sul finire dell’800. La collezione di Busti del Palazzo Civico si arricchirà in seguito con il busto scolpito negli anni ’20 in bronzo dall’ormai maturo Cosimo Fadda in onore di Ottone Bacaredda, col busto bronzeo dedicato a Grazia Deledda scolpito negli anni ’60 da Franco D’Aspro (una copia del quale è custodita all’ingresso della Sala Settecentesca della Biblioteca Universitaria) e con una serie di bronzi commissionati negli anni ’70 alla scultrice Anna Cabras Brundo e dedicati a Luigi Crespellani, a Giuseppe Brotzu e a Gavino Dessy Deliperi. Un altro grande busto bronzeo è quello realizzato dallo Schmidt e raffigurante Antonio Maxia.
All’epoca Liberty appartenevano anche i due busti, uno maschile e uno femminile, di cui era ignota l’identificazione, che ornavano l’ingresso all’ex Vivaio Cittadino e scomparsi definitivamente agli inizi degli anni 2000, in particolare con la realizzazione dell’ascensore del Bastione.

Palazzo Civico: I busti di Brotzu, di Crespellani e di Dessì Deliperi, realizzati da Anna Cabras Brundo

Palazzo Civico: un busto di ignoto scolpito da Cosimo Fadda e il Busto di Antonio Maxia scolpito dallo Schmidt

Busto di P.L. Da Palestrina, di F. D’Aspro

Con l’inaugurazione del nuovo Palazzo Civico, l’Ex Palazzo di Città venne destinato a sede del Regio Conservatorio di Musica, ora dedicato a Giovanni Pierluigi da Palestrina, e venne arricchito dai busti dedicati a grandi musicisti italiani e non, che oggi sono conservati nella sede del Conservatorio inaugurata negli anni ’60 nella Via Bacaredda. Delle opere commissionate per la sede originaria, oggi è possibile ammirare nella nuova sede i due bellissimi busti in gesso scolpiti agli inizi del ‘900 da Enrico Geruggi e raffiguranti Giuseppe Verdi e Beethoven (caratterizzati dall’eleganza stilistica che contraddistingueva il Geruggi), un imponente busto dedicato a Domenico Scarlatti, posato su una mensola sostenuta da una ricca voluta arricchita da foglie d’acanto, e recante la firma dello scultore Solari e la data 1892. Un busto di fine ‘800 di notevole qualità scultorea è quello dedicato al compositore Giovanni Sgambati, purtroppo privo di firma. Di tutti i busti trasportati nella sede di Via Bacaredda il più notevole è però quello dedicato a Giovanni Pierluigi Da Palestrina, scolpito in pietra da Franco D’Aspro negli anni ’40 e caratterizzato da un marcato realismo abbandonato in seguito dal D’Aspro nella sua piena maturità artistica. Il busto di P.L. Da Palestrina oggi è sostenuto da un basamento differente da quello originario, ma pur sempre adatto a valorizzarne l’imponenza. In epoca più recente, la collezione del Conservatorio venne arricchita da un bellissimo busto in bronzo dedicato ad Ennio Porrino e realizzato negli anni ‘70 dal compianto Pinuccio Sciola.

Conservatorio P.L. Da Palestrina: I busti di Verdi e di Beethoven, del Geruggi, e quello di Scarlatti, del Solari

Conservatorio P.L. Da Palestrina: il busto di Giovanni Sgambati (non firmato) e quello di Ennio Porrino scolpito da Pinuccio Sciola

Il secondo dopoguerra fu caratterizzato da nuove commissioni e furono due gli scultori più rappresentativi in ambito commemorativo nel panorama cagliaritano: Franco D’Aspro e Anna Cabras Brundo. Oltre alle opere già citate in precedenza, il D’Aspro è stato autore di un’ampia serie di busti tra i quali si possono citare quello di Grazia Deledda nella Biblioteca Universitaria (che si differenzia da quello del Palazzo Civico per l’aggiunta della mano della scrittrice che carezza il suo stesso volto) insieme a quelli di Francesco Alziator e Anna Marongiu Pernis, i due notevoli busti dedicati ad Ippocrate e ad Antonio Aresu nell’ex Clinica Universitaria, il busto di Dante Alighieri (il quarto dedicato al Sommo Poeta a Cagliari) conservato nella Biblioteca di Interfacoltà, quello di Giovanni Porcell nell’Istituto di Anatomia Umana, quello di Delcroix nella Camera di Commercio e quello di Mario Carta nella facoltà di Ingegneria.

Franco D’Aspro: i busti di Ippocrate e di Mario Aresu nella Clinica Aresu, di A. Garau e A.Ligas nell’atrio dell’Ospedale Civile

Franco D’Aspro: i busti di Grazia Deledda nel Palazzo Civico (a sx) e nella Biblioteca Universitaria (a dx) e il Busto di Dante Alighieri nella Biblioteca di Interfacoltà

L’altra grande artista del secondo dopoguerra fu Anna Cabras Brundo alla quale furono commissionati, oltre a quelli del Palazzo Civico, il busto di Giuseppe Peretti nella Cittadella dei Musei, da lui fortemente voluta per raccogliere in un’unica struttura le diverse collezioni d’arte della Città e quello di Felice Melis Marini nella Sala Settecentesca della Biblioteca Universitaria.
L’ultimo busto in ordine cronologico ad essere stato dedicato ad una grande personalità della cultura cagliaritana è quello realizzato nel 1997, e firmato dallo scultore Solinas, per il centenario della scomparsa di Patrizio Gennari (1820-1897) e collocato nell’Orto Botanico, da lui fortemente voluto e fondato, a poca distanza dalla suggestiva vasca delle ninfee.

Anna Cabras Brundo: i busti di Giuseppe Peretti nella Cittadella dei Musei (a sx) e di Felice Melis Marini nella Sala Settecentesca della Biblioteca Universitaria

Orto Botanico: busto di Patrizio Gennari

In conclusione, seppur tornando indietro nel tempo, meritano una menzione due casi unici in tutto il centro storico cagliaritano: il Palazzo Palomba-Garzia di via Lamarmora, più noto come Palazzo de “Is Cincu Concas” (delle cinque teste) per la presenza di cinque medaglioni, posti intorno al portale, nei quali sono scolpiti in bassorilievo i busti di cinque imperatori romani della famiglia Giulio Claudia. Tutt’oggi si ignorano le motivazioni per la scelta di questi elementi decorativi. Lo stesso discorso vale per il palazzo di Via Università che sorge accanto al Seminario Tridentino, anch’esso decorato con quattro medaglioni in cotto nei quali sono scolpiti in bassorilievo quattro busti maschili.
Spero che l’articolo sia stato di vostro gradimento nonostante la sua lunghezza, forse eccessiva, e vi ringrazio per la lettura.
Al termine troverete anche un video con tutti i busti commemorativi di Cagliari, inclusi quelli le cui immagini non sono state inserite nell’articolo. Buona Visione

A sinistra i cinque medaglioni con busti del Palazzo Garzia-Palomba meglio noto come de “Is Cincu Concas”, a destra i quattro medaglioni con busti del Palazzo di Via Università




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