Inauguro il nuovo anno di Micromega Karalis con un breve articolo su un ambiente interno alla Cattedrale e purtroppo non accessibile al pubblico sebbene ricco di storia e contenente al suo interno un altro piccolo tesoro. Già in un precedente articolo sulla Cappella di San Sebastiano si è portata l’attenzione su un vano non visibile al pubblico ma assai prezioso per le vicende storiche e architettoniche che lo hanno visto protagonista (per maggiori informazioni sulla Cappella di San Sebastiano si rimanda al relativo articolo)
L’ambiente di cui parleremo oggi è una cappella rinascimentale un tempo facente parte del Chiostro della Cattedrale, distrutto nel XVII secolo per far luogo all’Aula Capitolare e di cui oggi rimane solamente parte del braccio settentrionale che costituisce la ben nota Sacrestia dei Beneficiati.

La cappella con volta a crociera sesquilatera nella Chiesa di Santa Lucia

Il piccolo ambiente della Cappella cinquecentesca era in origine appena più grande poiché il suo accesso originario avveniva dalla Sacrestia dei Beneficiati tramite una mezza campata coperta appunto con mezza volta a crociera la cui gemma era addossata all’arco di ingresso.
Questa mezza campata è ancor oggi presente all’interno della Sacrestia dei Beneficiati, dove ospita un prezioso mobile ligneo del XVIII secolo, mentre un robusto tramezzo tampona il collegamento tra i due ambienti. Oggi si accede alla piccola cappella dall’Aula Capitolare tramite un vano di raccordo realizzato nel XVII secolo e per il quale si è forse sacrificata un’altra mezza campata che avrebbe dato alla cappella la stessa impostazione planimetrica della vicina chiesa di N.S. della Speranza e di una cappella laterale nella non distante Chiesa di Santa Lucia.

 

La Sacrestia dei Beneficiati. Sulla sinistra, in corripsondenza della terza campata (dove è visibile un mobile all’interno di una “nicchia”) vi era l’originario accesso alla Cappelletta cinquecentesca

Una prima descrizione della piccola Cappella venne fatta dal Canonico Spano nella sua “Guida della Città di Cagliari e dintorni” del 1861. All’interno della Cappella il Canonico Spano descrisse alcune opere tuttora esistenti e perfettamente conservate all’interno del Museo del Tesoro del Duomo. Su tutte figura il bellissimo Retablo dei Beneficiati: «Volgendo a destra si entra nella cappelletta, ch’era una parte del Chiostro dell’antica Canonica, come abbiamo detto di sopra. L’oggetto più pregevole che vi esiste è una gran tavola giottesca divisa in tre spartimenti: nel primo vi sono in mezzo la Vergine col Bambino d’un’ammirabile bellezza, ed ai lati S. Paolo e S. Girolamo. Negli spartimenti di sopra vi è una crocifissione, ed ai lati l’Arcangelo Gabriele colla Vergine Annunziata. Il complesso di questa tavola è di una sorprendente espressione, e di una gran finezza nei suoi accessorii, ma non compariscono per mancanza di luce. Vi sono altre quattro tele grandi, di Santa Apollonia, di Santa Barbara, di S. Caterina e di Sant’Elena, di scuola Bolognese. Nell’andito finalmente avvi una gran tela che rappresenta la Visitazione, che non manca di qualche pregio. Tanto questa tavola quanto la precedente appartenevano all’antica Chiesa.
Ritornando dove siamo entrati si trova la Sacristia de’ Canonici che può dirsi una galleria di quadri».

Planimetria del complesso formato dalla Sacrestia dei Beneficiati, dall’Aula Capitolare e dalla Cappelletta cinquecentesca (in verde la cappella, in giallo il suo accesso originario)

La Cappella cinquecentesca (scorrere col mouse per zoomare sui dettagli)

La descrizione del Canonico Spano, per quanto accurata riguardo le opere contenute all’interno della Cappella trascura però la descrizione di altri elementi di pregio che vedremo tra poco e pone inoltre il problema riguardo quale fosse l’accesso alla metà dell’800 poiché l’ingresso all’ambiente era precluso dalla Sacrestia dei Beneficiati pertanto il Canonico dovette accedere dal corridoio che oggi collega la Sacrestia con il Museo del Tesoro del Duomo e dove infatti sono presenti due aperture di collegamento (non più percorribili) con la cappella di cui si tratta in quest’articolo.

Ad attirare l’attenzione all’interno della cappelletta sono due dettagli. Il primo è dato dalla gemma pendula, al vertice della volta a crociera, nella quale è raffigurato il Buon Pastore e la cui lettura era prevista osservando la gemma dall’ingresso originario e non dal punto di vista attuale: difatti per chi entra dall’Aula Capitolare il bassorilievo della gemma appare capovolto. Pertanto, l’altare di cui doveva essere dotato questo piccolo vano doveva inevitabilmente trovarsi dove oggi c’è il nuovo ingresso. Il secondo e più prezioso dettaglio è invece la cassaforte murata nella tamponatura che occlude il primitivo ingresso e che appare incorniciata da una splendida edicola di gusto marcatamente rinascimentale con lesene scanalate e capitelli a motivi vegetali sostenenti una ricca trabeazione su cui svetta un timpano semicircolare all’interno del quale è scolpita una conchiglia. Le ante della cassaforte sono un gioiello a sé e sono caratterizzate da una decorazione classica a cassettoni ornati di rosette con un chiaro rimando alla volta del Santuario dei Martiri e alla decorazione a bassorilievo appena sottostante le ante.

Le tre serrature della Cassaforte

Ciò che rende speciale questa cassaforte non è la sola bellezza delle ante ma anche il dettaglio delle tre toppe di altrettante serrature poiché, come avveniva per la cassaforte della Sacrestia nella Chiesa del Santissimo Sepolcro (per un approfondimento si rimanda all’articolo sulle Cassette per le Offerte), le chiavi erano date in custodia a tre membri diversi del Capitolo Metropolitano e per poter sbloccare la cassaforte era necessaria la presenza dei tre Canonici aprendo ogni singola serratura. All’interno della cassaforte dovevano verosimilmente essere conservati i proventi delle offerte dei privati sia donate durante l’offertorio nelle cerimonie sia in forma ancor più privata al di fuori dei riti sacri. Oltre ai proventi delle offerte, qui dovevano essere conservati anche pezzi pregiati del Tesoro del Duomo, tra cui la brocca e il piatto con il bassorilievo del “Trionfo di Anfitrite” fantasiosamente attribuiti a Benvenuto Cellini (trasferiti negli ambienti dell’attuale Museo del Tesoro con l’accrescersi della collezione di operte d’arte sacra) e purtroppo trafugati nel 1985. Evidentemente la cassaforte seicentesca era più efficace della teca in vetro in cui questi oggetti preziosi si trovavano 37 anni fa.

Un articolo dell’Unione Sarda del 1985 nel quale si parla del furto all’interno del Tesoro del Duomo

Oggi la piccola cappella non è accessibile al pubblico in quanto adibita a vano spogliatoio con tanto di armadi in cui riporre i paramenti sacri dei membri del Capitolo.

Breve nota legale: le immagini presenti nell’articolo (ad eccezione dell’articolo dell’Unione) sono state scattate dal sottoscritto nel 2017 (ben prima della Pandemia) e fanno parte del proprio archivio personale. Ne è vietato il download e l’utilizzo senza autorizzazione. Le informazioni esposte nell’articolo provengono invece dalla conoscenza dei luoghi da parte del sottoscritto o dalla semplice osservazione. Nulla è dovuto ad altri divulgatori. Pertanto la signora che va narrando di appropriazione di idee sue tramite l’uso di dispositivi di registrazione o da sue pubblicazioni (in cui le note che espongo nei miei articoli non sono mai state presenti) è pregata di starsene zitta e buona. Punto.

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